L’articolo di Melissa Panarello su Specchio de La Stampa di domenica 13 Settembre 2021 è lo spunto per riflettere su un aspetto che osservo spesso nel mio lavoro: gli oggetti che vengono lasciati nelle case.
Soprattutto durante l’ultimo sopralluogo prima di un rogito, mi capita di scorgere negli immobili piccole e grandi “cose” che vengono dimenticate o abbandonate, magari perchè inutili o fastidiose da sgomberare, ma molto spesso mi capita di trovare effetti personali che mi incuriosiscono, fanno riflettere. In molti casi ho avuto l’impressione che il vecchio proprietario volesse creare un trait d’union tra passato e futuro, un modo per lasciare un pezzetto di sé stessi tra quelle mura abitate per anni, rendendo il distacco meno doloroso, ma altre volte si trattava solo di semplice pigrizia o di banale dimenticanza durante le concitate operazioni di trasloco.Sono le cantine gli ambienti che conservano maggiormente oggetti di ogni genere: sedie, quadri, tavolini, bauli, mensole…ma anche oggetti di valore come vecchie bottiglie di vino ben conservate e attrezzi di vario genere.
Quando succede che raccolgo uno di questi oggetti per riportarlo a chi lo ha dimenticato, lo osservo, penso a quante volte sia stato usato, le gioie che può aver generato quella vecchia valigia, penso ai posti che avrà raggiunto attraverso un aereo o un lungo viaggio in treno, magari proprio gli stessi che vorrei tanto visitare io. Sul muro appesa ad un chiodo arrugginito scorgo una vecchia falce e immagino guardando il manico consumato, quanta fatica abbia prodotto, ma anche quanta gioia, perché il bel giardino attorno alla casa, oggi un po’ trascurato, ha accolto proprio grazie ai tagli ben fatti di quell’attrezzo ancora affilato le scorribande da bambini dei clienti oggi adulti ai quali ho appena venduto la casa.
Può sembrare singolare, ma nella vita degli agenti immobiliari capita anche questo; ed è curioso sentire i commenti dei destinatari di tali regali inaspettati.
Fortunatamente durante la mia carriera ho trovato davvero poche persone che hanno abbandonato oggetti ingombranti per pigrizia, mettendomi in imbarazzo con gli acquirenti, quasi sempre si è trattato di “abbandoni volontari” di oggetti utili o di semplici porta fortuna.Mi piace pensare che quell’energia racchiusa negli anni in quella casa, un po’ venga “travasata” nella nuova con il passaggio degli oggetti da un posto all’altro, ma molto spesso rimane raccolta in questi lasciti, così come resta assorbita da quei muri, spettatori immobili di mille storie.
Credo che il segreto di un passaggio felice sia anche il risultato di una trattativa equilibrata tra le parti, questo è quello che cerco sempre di ottenere con il mio lavoro, una buona compravendita in armonia, dove venditore ed acquirente dopo aver concluso il proprio affare dal punto di vista meramente economico, stabiliscono un equilibrio emotivo che gli permette di sentirsi per un attimo responsabili di questo “buon passaggio”, che non ha nulla a che fare né con il denaro né con la burocrazia degli atti da compiere, ma appartiene alla sfera emozionale: da una parte frutto della nostalgia, dall’altro dell’euforia che germoglia annaffiata dai nuovi progetti di vita che radicheranno tra quelle mura.
Anche questo significa casa, questo “tramandare” è proprio l’essenza dell’abitare e queste emozioni, che riassumo in questo breve articolo, mi fanno capire ogni volta, che oltre ai numeri, ai contratti, alla burocrazia e alla necessaria razionalità, esistono anche sensazioni. Quelle sensazioni che fanno parte dell’essenza del mio lavoro e che mi permette di intermediare ogni giorno non solo immobili, ma anche esperienze uniche capaci di regalarmi grandi emozioni che cerco di trasmettere ai miei clienti.
ANDREA LEO
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